Io non sono superstizioso. O almeno, non lo sono per quanto riguarda queste cose (nell’ultimo mondiale vinto dall’Italia mi sono rifiutato di guardare le partite se non nel locale dove avevo visto la prima vittoria, ma questo è un altro discorso).
Tant’è che se mi attraversa la strada un gatto nero, non me la prendo. Neanche mi gratto gli zebedei. Semplicemente lo maledico perché mi spaventa. Pensate che i nostri avi trogloditi, nel medioevo, pensavano che il gatto nero fosse l’incarnazione di satana. Addirittura, nel 1233, papa Gregorio IX emanò la bolla Vox in rama con la quale dava inizio allo sterminio nel nome di Dio di tutti i gatti, specialmente quelli neri. Altri dicono che la superstizione derivi dal fatto che il gatto nero, difficilmente visibile di notte, illuminato dalle torce delle carrozze, facesse imbizzarrire i cavalli. Altri, ancora, narrano che i pirati turchi (i quali portavano a bordo delle navi i succitati felini per cacciare i topi nella stiva – neri per essere meno visibili al buio) quando approdavano vicino a una città in attesa di saccheggiarla, lasciavano i gatti liberi di sgranchirsi le zampe. Vedere in giro un gatto nero, quindi, divenne presagio di sventura.
Bullshit! (stronzate, all’inglese fa più figo).
Non credete a queste baggianate.
…
Allora perché l’altro giorno, mentre stavo sui colli umbri, di sera, al buio completo, senza lampioni, senza sapere dove andare, con solo il cellulare a farmi da guida… appena mi ha attraversato la strada un gatto nero, il cellulare si è spento lasciandomi in braghe di tela?
Però poi si è riavviato, eh. Ma sono stati 60 secondi di puro terrore: solo, in ritardo all’appuntamento, senza sapere dove andare.
Però a quel punto una grattatina me la sono tirata, non si sa mai.
E a casa ho lanciato un po’ di sale dietro la schiena.
Perché io non sono superstizioso, ma prevenire è meglio che curare…